Giornalismo, il futuro nei media sociali
Il giornalismo sta vivendo un periodo di transizione. Ogni periodo di crisi richiede scelte audaci che producano trasformazioni radicali. Il mercato dell’informazione è in caduta libera. La crisi della carta stampata è l’atto conclusivo di un percorso in cui i giornali si sono progressivamente allontanati dalla gente. Sciatteria e cerchiobottismo, secondo Massimo Russo, avrebbero provocato la disaffezione della gente incapace di riconoscersi in ideologie o battaglie condivisibili. A questo si aggiunga l’esaurimento “naturale” della spinta del supporto cartaceo come veicolo per la diffusione dell’informazione, che, nel confronto con il digitale, ne è rimasto schiacciato.
La situazione non è delle migliori. Ma se non si è in grado di guardare al domani non ha alcun senso viverlo. Cosa ci si può aspettare per il futuro, allora? Un cambiamento nel modello di influenza sociale è inevitabile. Se da un lato l’informazione “classica” ha smarrito il proprio fine, o ha semplicemente chiuso il suo cerchio vitale, dall’altro il successo del web e delle forme di comunicazione reticolari sta indicando quale via seguire.
Convergenza, questa la risposta, l’intreccio tra informazione e comunicazione che solo in rete può essere realizzato, tecnicamente e ideologicamente.
Il giornalismo dovrebbe ritornare a ricoprire un ruolo sociale attivo, dovrebbe far parlare di sé, attraverso sé, dovrebbe stimolare il confronto e il dibattito. Ultimamente ai lettori queste opportunità non sono state concesse.
Probabilmente sarebbero applicabili alcune intuizioni di Chris Brogan che, a proposito dei media sociali, dice:
“Bisogna rendere i media utili, condividerli e costruire il business attorno a queste opportunità”.
Coinvolgere gli utenti, i lettori, la gente. Le opportunità per il rilancio ci sono, basta saperle cogliere ed aver l’umiltà di accettare il cambiamento. E ripensare il proprio ruolo.
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